200 anni per Napoleone – 5 maggio 1821-2021

Un omaggio a Napoleone nei 200 anni dalla morte, che avvenne nell’isola di Sant’Elena il 5 maggio 2021.
Qui sotto il testo integrale della famosa Ode del Manzoni e la sua declamazione, recitata da Vittorio Gassman, e a seguire alcuni spunti musicali e coreutici per ricordarne la figura.

La Sinfonia n. 3 in mi bemolle maggiore Op. 55, fu composta da Ludwig van Beethoven fra il 1802 e 1804. Fu eseguita privatamente per la prima volta il 9 giugno 1804 (e in mesi successivi) e pubblicamente il 7 aprile 1805 diretta dal compositore. La sinfonia “Eroica” fu inizialmente scritta per Napoleone e rappresenta la sintesi di tutta l’aspirazione all’epos riscoperta negli anni della rivoluzione. In essa si avverte la volontà di tenere insieme la musica e la realtà che già era stata avvertita, se pur in forma primitiva, nella pièce à sauvetage, nella marcia, nell’inno e nel pezzo strumentale a programma.

Beethoven, che come Hegel aveva visto nel generale corso “cavalcare lo spirito del mondo”, gli indirizza una dedica, dedica che in seguito disconoscerà in un impeto di sdegno, strappando il frontespizio dell’opera, a seguito della sua incoronazione a imperatore. Proprio per questa delusione la sinfonia sarà quindi definitivamente intitolata (in italiano) “Sinfonia Eroica composta per festeggiare il sovvenire di un grand’uomo”.

Il dedicatario definitivo sarà il principe Lobkowicz, un aristocratico boemo appassionato di musica e buon violinista dilettante, che ospitò nel proprio palazzo la prima esecuzione.

l’Ode a Napoleone Bonaparte, che Schoenberg condusse a termine nel giugno 1942, dopo nove anni di permanenza sul suolo americano (vi era giunto nel ’33, abbandonando sdegnato l’Europa in seguito alle prime campagne antiebraiche e contro l’«arte degenerata»), e dopo aver assunto definitivamente, un anno prima, la cittadinanza statunitense. Il testo risale al 1814, quando Byron, alla notizia dell’ abdicazione di Napoleone e del suo esilio all’Elba, sfogò le proprie ansie di romantico «libertario» in una violenta e impietosa invettiva contro il tiranno caduto. «Byron rimase così deluso dalla rassegnazione di Napoleone che gli riversò addosso lo scherno più feroce: e credo di aver colto questo aspetto nella mia composizione», scrisse Schoenberg alcuni anni dopo. Ovviamente, nel testo byroniano, Schoenberg colse l’occasione simbolica, allusiva, che gli consentiva di colpire, nell’immagine della tirannide napoleonica, quella della tirannide hitleriana, auspicandone nel contempo l’analoga fine. Vi trovò anche l’occasione per tributare un atto di omaggio alla nuova patria, quasi a sollecitarla fiduciosamente nella fedeltà agli ideali di libertà della sua fondazione. Ciò quando Byron, nei versi conclusivi, sembra voler contrapporre alla figura di Napoleone quella di George Washington, «il Cincinnato d’ Occidente / colui che nessuna bassezza umana oserebbe odiare».

Dopo il Terrore una “furia ballerina” si diffuse in tutte le classi sociali e fece nascere una moltitudine di balli pubblici o privati; alcune danze di corte e danze popolari si fusero poco a poco in una creatività coreografica che detterà la moda prima nei salotti, poi nella corte dell’imperatore e infine in provincia e fino ai villaggi più nascosti. Non si balleranno più (o poco) alla corte di Napoleone i rigidi minuetti, tipici della corte dell’Ancien Régime, ma si danzeranno balli popolari adattandoli alla solennità e al decoro voluti dall’imperatore. Rimasero certi riti coreografici, come il “minutto di matrimonio”, ballato in onore della novella sposa nel giorno del suo matrimonio, che persistettero in tutte le classi sociali sino al XIX secolo.