Sulle tracce di Orfeo progetto WKO-ADA 2021

Orfeo (gr. ᾿Ορϕεύς, lat. Orpheus; etimologia discussa, forse da una radice comune al gr. ὀρϕανός e lat. orbus, con un significato di “solitudine”, “privazione”, che ricorre in nomi e termini aventi riferimento agli inferi)

Personaggio della mitologia greca, figlio di Eagro (Οἴαγρος, il “solitario agreste”), e di una delle Muse (Polinnia o Calliope), cantore che piega al suono della sua lira gli animali e tutta la natura. I due miti salienti legati alla sua figura sono quello della katàbasis (discesa agli inferi) che egli compie per riportare in vita la sposa morta, Euridice, e quello della morte avvenuta per sbranamento da parte delle mènadi. Entrambi i miti hanno varianti: secondo una versione Orfeo sarebbe riuscito a riportare Euridice dagli inferi, mentre secondo quella diventata classica, pur avendo persuaso con il suo canto le divinità infere, sarebbe fallito nell’impresa, per aver violato la condizione di non voltarsi indietro lungo il percorso verso la terra in cui doveva precedere la donna; quanto alla morte, essa viene attribuita anche al fulmine di Zeus.

Mentre questi due miti non sono esclusivamente suoi (sia discese negli inferi sia morti per sbranamento o per fulmine si riscontrano in miti di altri eroi), Orfeo appare coinvolto, probabilmente in modo secondario, anche in altri miti (per es., egli partecipa all’impresa argonautica). Originaria sembra invece la localizzazione del personaggio nella Tracia, centro di diffusione di movimenti religiosi a carattere mistico-orgiastico confluiti nel culto dionisiaco e, appunto, nel cosiddetto orfismo. Infatti, l’importanza della figura mitica di Orfeo non si fonda tanto sui racconti variamente modellati nella tradizione poetica, quanto sul fatto che egli era il prototipo mitico di coloro che aderivano al movimento religioso che oggi chiamiamo orfismo; egli ne sarebbe stato il fondatore e autore di vari scritti “teologici” che andavano sotto il suo nome. Sullo sfondo di quel poco che si conosce intorno a questo movimento, acquistano però un significato particolare anche i miti menzionati: la preoccupazione orfica per l’immortalità spiega, almeno in parte, la katàbasis di Orfeo, mentre lo sbranamento del fondatore trova un singolare riscontro nella versione orfica della morte di Dioniso Zagreo, fanciullo divino sbranato dai Titani (ma in origine, più probabilmente, dalle mènadi). Solo una più precisa conoscenza dell’orfismo, delle sue origini, della sua consistenza come movimento e del suo vero indirizzo, permetterebbe di valutare gli elementi del mito, distinguendo quelli più antichi da quelli più recenti, quelli d’origine sacra da quelli poetici. Così, per es., i rapporti di Orfeo con Apollo che figura anche come suo padre e che come dio della lira gli è vicino, appaiono (per es., nella versione eschilea del mito) in contrasto con il culto di Dioniso cui Orfeo si sarebbe opposto; mentre d’altra parte sia il mito di Orfeo sia l’orfismo presentano elementi indubbiamente dionisiaci. Non bisogna però dimenticare che Apollo e Dioniso nella realtà religiosa greca non erano in contrasto, e a Delfi erano venerati insieme; secondo una leggenda antica la testa di Orfeo ucciso, insieme con la lira, avrebbe raggiunto, trasportata dalle onde del mare, l’isola di Lesbo, dove la testa dava oracoli in un tempio di Dioniso, mentre la lira era conservata nel tempio di Apollo. Nel 4° sec. a. C., con le nuove tendenze razionalistiche, si cominciò a dissentire sulla personalità di Orfeo e a negare (con Aristotele) la sua esistenza.

Bassorilievo in marmo di epoca romana, copia di originale greco del 410 a.C., che rappresenta Ermes, Euridice e Orfeo. L’opera originale, probabilmente di Alcamene, è andata perduta. Questo bassorilievo, conservato presso il Museo archeologico di Napoli, è tra le testimonianze che attesterebbero l’esito negativo della catabasi di Orfeo già a partire dal V secolo a.C. Qui Orfeo voltatosi verso Euridice, le alza il velo, forse per verificare l’identità della donna e quindi la perde. Secondo l’opinione di Cristopher Riedweg sarebbe infatti evidente che Ermes a questo punto trattenga per un braccio la sposa di Orfeo, che volge quindi il piede destro per tornare indietro.

La letteratura ellenistica e l’arte figurativa trattarono il mito di Orfeo sempre più liberamente, e i Romani lo derivarono dagli alessandrini: si ricordino la descrizione nelle Metamorfosi di Ovidio e l’episodio finale del 4° libro delle Georgiche di Virgilio.

L’arte della tarda antichità ha prediletto il motivo di Orfeo che ammansisce le fiere (noto fin dal 1° sec., ma diffuso specialmente fra il 3° e il 6°), che fu adottato anche dall’arte cristiana, con varie implicazioni allegoriche (fra le quali quella del buon pastore). Nell’arte moderna il mito di Orfeo fu numerose volte soggetto di quadri e sculture. Tra i primi vanno ricordati alcuni chiaroscuri di Mantegna nella sala degli Sposi nel castello ducale di Mantova (con la punizione di Orfeo, tema che ricorre anche in taluni cassoni nuziali fiorentini), l’Orfeo di G. Bellini (collez. Widener, Filadelfia), i disegni di Leonardo per le scene della favola di Orfeo che doveva rappresentarsi a Mantova, diversi piatti di Casteldurante, di Urbino e di altri centri, la statua di P. Francavilla, e poi dipinti di D. Dosso, del Tintoretto, Rubens, Bruegel il giovane, N. Poussin, Corot, Delacroix, Spadini, i bozzetti di scena e il film di J. Cocteau, il film di M. Camus ecc.

Via via la rievocazione della storia di Orfeo ha assunto vari significati, da quello etico-pratico delle prime raffigurazioni del Rinascimento, all’espressione del dominio dell’arte sugli istinti animali, e, in direzione opposta, all’enunciazione della nullità della poesia di fronte all’avversione del destino, o della estraneità della poesia dal mondo.

Il mito di Orfeo, nelle letterature moderne, fu celebrato da A. Poliziano nella Favola di Orfeo (1480) – dalla quale è tratto il libretto (di A. Striggio) della favola in musica Orfeo (1607), di C. Monteverdi -, da Lope de Vega nella commedia El marido más firme (1625), da Calderón de la Barca nell’auto El divino Orfeo (1663). Nel sec. 20° il mito di Orfeo è stato più volte rielaborato da J. Cocteau, nel teatro (con la tragedia Orphée, 1927) come nel cinema (Orphée, 1950; Le testament d’Orphée, 1960).

Tra le opere musicali, oltre a quella di Monteverdi, vanno ricordate: La morte di Orfeo (1619) di S. Landi; Orfeo (1647) di L. Rossi; Orfeo e Euridice (1762, su versi di R. Calzabigi) di Chr. W. Gluck; L’anima del filosofo (Orfeo e Euridice) (1791 circa, ma rappresentato solo nel 1951 a Firenze) di F. J. Haydn; il poema sinfonico Orpheus (1854) di F. Liszt; l’opera comica Orphée aux Enfers (1858) di J. Offenbach; il mimodramma Orphée (1913; rappresentato 1926) di J. Roger-Ducasse; Orpheus und Eurydike (1926) di E. Křenek; il dramma musicale Orfeu da Conceição (1956) di V. de Moraes, da cui fu tratto il film Orfeu negro (1959) di M. Camus.

Grazie a Loris Falconi, Paola Cassella e Paola Lomi per le loro splendide conversazioni che ci hanno permesso di accostarci in modi diversi e interessanti alla figura di Orfeo.

Qui sotto il video del laboratorio sperimentale svoltosi sull’isola di Samotracia nella prima settimana di agosto 2021, a cura dei nostri cari coreografi e ballerini Bruna Gondoni e Marco Bendoni. lab che ha prodotto questa bella performance, amatoriale, intensa. Hanno partecipato al laboratorio anche il soprano Laura Antonaz e l’attrice Margò Volo che hanno contribuito ad arricchire professionalmente questo quasi-spettacolo.
Ringrazio inoltre Paola Lomi con Luigi Bessi e Carlota Marañon per la sempre preziosa e generosa collaborazione, Emilio Bezzi per la sua messa a disposizione della “Fantasia” di Francesco da Milano al liuto, Gaia Gottin per l’attento e curato reportage fotografico, insieme a tutti i partecipanti gentili per aver reso possibile questa esperienza in un’isola che anno dopo anno ci accoglie con così tanta bellezza ed energia. Buona visione!